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Giustizia sportiva, svolta UE: il parere che riapre il caso Agnelli-Arrivabene

3 min di lettura

L’Avvocato generale della Corte di giustizia UE mette in discussione l’autonomia delle sanzioni sportive: i giudici ordinari devono poterle annullare.

Una novità di peso arriva dal fronte giudiziario europeo e potrebbe incidere in profondità sull’architettura della giustizia sportiva. Il parere dell’Avvocato generale della Corte di giustizia dell’Unione europea, Dean Spielmann, apre infatti uno scenario che rafforza le tesi di Andrea Agnelli e Maurizio Arrivabene, ex presidente ed ex amministratore delegato della Juventus, sanzionati e inibiti per due anni nell’ambito del caso plusvalenze. Non si tratta ancora di una sentenza, ma di un’indicazione autorevole che potrebbe orientare la decisione finale della Corte UE nei prossimi mesi e ridisegnare i confini tra giustizia sportiva e tutela dei diritti fondamentali.

Il nodo dell’autonomia della giustizia sportiva

Al centro dell’analisi di Spielmann ci sono due questioni chiave: la compatibilità delle sanzioni sportive con il diritto dell’Unione europea e, soprattutto, i limiti dell’autonomia della giustizia sportiva rispetto ai poteri dei giudici statali.

Su questo secondo punto il parere è netto. Nel caso specifico, il TAR del Lazio aveva chiarito che l’ordinamento italiano consente ai giudici amministrativi solo il risarcimento del danno, senza la possibilità di annullare o sospendere le sanzioni disciplinari sportive. Una impostazione che, secondo l’Avvocato generale UE, non è compatibile con il diritto dell’Unione.

Prima di arrivare alle conclusioni, è bene chiarire il passaggio decisivo: per Spielmann, la tutela effettiva dei diritti fondamentali non può fermarsi a un ristoro economico.

Un parere che rafforza la posizione di Agnelli e Arrivabene

Nel documento richiamato da Calcio e Finanza, l’Avvocato generale afferma che i giudici nazionali della giustizia ordinaria devono poter annullare sanzioni illegittime inflitte dagli organi sportivi e, se necessario, adottare misure cautelari per garantire l’efficacia della decisione finale.

È il punto che dà sostanza alle ragioni di Agnelli e Arrivabene, i quali contestano l’impossibilità, in Italia, di ottenere una tutela piena contro provvedimenti disciplinari ritenuti illegittimi. Il parere non è vincolante, ma storicamente incide in modo significativo sull’orientamento della Corte UE.

Dal TAR alla Corte di giustizia dell’Unione europea

Il percorso che ha portato la questione a Bruxelles nasce dal ricorso presentato da Agnelli al TAR del Lazio. Nel giugno 2024 il tribunale amministrativo ha deciso di rimettere la questione alla Corte di giustizia dell’Unione europea, riconoscendo la rilevanza dei profili comunitari sollevati.

Ora la palla è definitivamente nel campo europeo. La decisione finale della Corte è attesa tra tre e sei mesi e potrebbe avere un impatto sistemico: non solo sul caso Juventus, ma sull’intero impianto della giustizia sportiva, chiamata a confrontarsi con standard di tutela più stringenti.

Se la Corte dovesse seguire la linea tracciata da Spielmann, l’autonomia dello sport resterebbe intatta, ma non più impermeabile al controllo pieno dei giudici statali. Un cambio di paradigma che, per molti, era solo questione di tempo.

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