La Juventus è in caduta libera. Otto partite senza vittorie, quattro senza segnare, tre sconfitte consecutive. Numeri che parlano da soli e che rievocano i fantasmi più oscuri della storia bianconera. Non accadeva dal 1991, ai tempi di Luigi Maifredi, l’allenatore del “calcio champagne” naufragato tra sogni e disastri. Oggi, più di trent’anni dopo, la storia sembra ripetersi.
Il problema non è solo nei risultati. La squadra non appare svuotata, anzi: lotta, corre, ci prova. Ma ogni sforzo si dissolve nella confusione. Non è la mancanza di volontà, bensì l’assenza di un’idea a condannare la Juventus di Igor Tudor, sempre più smarrita tatticamente e mentalmente.
Caos tattico e squadra disorientata
Il campo racconta una verità spietata: la Juve gioca senza una direzione precisa. I continui cambi di modulo, gli spostamenti frenetici e le scelte contraddittorie del tecnico croato hanno generato un disordine strutturale. Ogni partita è un esperimento, ogni formazione un tentativo di reinventarsi, e il risultato è sempre lo stesso: una squadra che si muove molto ma costruisce poco.
Tudor avanza e arretra giocatori senza logica apparente, cercando risposte in un labirinto di soluzioni improvvisate. E mentre lui cambia, la Juve non cresce. Un contrasto netto con chi, come Sarri, sa estrarre identità anche dal poco: una Lazio compatta, concreta, con un’anima. Tutto ciò che alla Juventus, oggi, manca.
Panchina appesa a un filo
Affermare che Tudor sia in bilico è ormai un eufemismo. Alla Continassa si parla di lui come di un tecnico “a tempo”, un allenatore trattenuto più per necessità che per convinzione. Le ragioni per cui non è ancora arrivato l’esonero sono due, come riporta la Repubblica.
La prima riguarda la mancanza di un piano B: la dirigenza non ha ancora individuato un sostituto condiviso. Sul tavolo ci sono diversi nomi, da un possibile traghettatore come Palladino fino all’ipotesi suggestiva, ma complessa, di Luciano Spalletti. La seconda è il calendario, che non concede pause: mercoledì la Juve torna già in campo contro l’Udinese, e cambiare adesso significherebbe gettare ulteriore caos in un ambiente già fragile.
La paura più grande: l’irreversibilità
Ma dietro ogni analisi tecnica si nasconde la vera angoscia del club: la sensazione che questa crisi sia ormai irreversibile. Non si tratta più solo di sfortuna o mancate occasioni, ma di un vortice che trascina tutto, fiducia, identità, risultati.
A Torino lo sanno: ogni settimana senza vittorie logora la credibilità del progetto. E oggi, nella notte più lunga della Juventus moderna, la panchina di Tudor non è solo traballante. È sospesa, come la speranza stessa di una rinascita che non arriva.

