Certe sconfitte non pesano solo in classifica, ma nella testa di chi decide. La caduta di Como ha lasciato il segno in casa Juventus, aprendo ufficialmente la crisi tecnica e spostando i riflettori su Igor Tudor, sempre più al centro del dibattito. La fiducia del club, per ora, resta. Ma è una fiducia a termine, legata ai prossimi risultati e, soprattutto, alla capacità della squadra di ritrovare gioco, idee e serenità.
Secondo quanto riportato da La Gazzetta dello Sport, la dirigenza bianconera ha già iniziato a ragionare su eventuali alternative, nel caso la situazione dovesse precipitare. Nessun ribaltone immediato, ma la sensazione è chiara: la Juve si guarda intorno.
Le prime idee: tra esperienza e scommesse
Sul taccuino di Cristiano Giuntoli e del presidente Ferrero circolano profili molto diversi tra loro, a conferma che non esiste ancora una direzione precisa. Il primo nome forte è quello di Roberto Mancini: libero dopo l’esperienza con la nazionale saudita, resta un tecnico di carisma e sicurezze. Con lui si andrebbe sul “sicuro”, anche se l’interesse del Nottingham Forest potrebbe complicare il percorso.
Altro nome di spessore, e altrettanto suggestivo, è Luciano Spalletti. Il suo calcio propositivo, la capacità di valorizzare i giovani e la leadership maturata a Napoli lo rendono una figura affascinante. Ma il suo arrivo richiederebbe un investimento importante, economico e tecnico, difficile da sostenere in corso d’opera.
Più realistica, almeno sul piano gestionale, è la pista che porta a Raffaele Palladino. Giovane, ambizioso, con idee chiare, ma senza esperienza in un top club: rappresenterebbe una scommessa di prospettiva, coerente con una Juve che sta cercando di ringiovanire il progetto tecnico.
E poi c’è la suggestione Thiago Motta, legata al filo della nostalgia. L’ex allenatore è ancora sotto contratto, e il suo ritorno, sebbene improbabile, non è del tutto escluso: un “piano C” più romantico che concreto, ma presente sul tavolo.
Una Juve in bilico tra presente e futuro
La situazione resta fluida. Tudor non è sfiduciato, ma sa che la Juventus non può permettersi altri passi falsi. Le prossime due gare, tra la trasferta di Madrid e quella di Roma, saranno decisive per il suo destino.
Nel frattempo, la società osserva e riflette, consapevole che un eventuale cambio non sarebbe solo tecnico, ma anche simbolico. Sostituire Tudor significherebbe riconoscere che il progetto estivo non ha funzionato, e questo, a Torino, pesa quanto una sconfitta sul campo.
Per ora, la panchina resta sua. Ma il margine d’errore è sottile, e il vento, come spesso accade nel calcio, è già cambiato direzione.