Certe solitudini, nel calcio, pesano più di una sconfitta. Igor Tudor, oggi, sembra portarle tutte sulle spalle. La Juventus si prepara a tornare al Santiago Bernabéu, ma per il tecnico croato la partita di Madrid rischia di essere solo un passaggio verso la vera resa dei conti: la successiva trasferta contro la Lazio, che per molti, come riporta La Gazzetta dello Sport, potrebbe essere decisiva per il suo futuro.
Domani, Tudor ritroverà lo stadio dove nel 2003, da giocatore, lottava in mezzo al campo nella semifinale di Champions contro il Real Madrid. Vent’anni dopo, sarà di nuovo lì, ma in panchina, con un peso ben diverso: la sensazione di essere rimasto solo, dentro un ambiente che non riesce più a proteggerlo.
Il gesto di Comolli e l’isolamento del tecnico
A fotografare meglio di ogni parola la fragilità del momento è un episodio accaduto subito dopo la sconfitta di Como. Mentre Tudor era in conferenza stampa, a spiegare la crisi e le difficoltà della squadra, il futuro amministratore delegato Damien Comolli è passato accanto alla sala, senza entrare. Un dettaglio, forse, ma che in un ambiente come quello bianconero assume il valore di un segnale.
Non era un obbligo essere presenti, certo. Ma, come sottolinea La Gazzetta, la “presenza plastica” della società avrebbe rappresentato un gesto di unità e sostegno in un momento in cui il castello bianconero sembra scricchiolare. È mancata quella vicinanza simbolica, quel gesto che avrebbe potuto restituire forza a un tecnico oggi isolato e in discussione.
Un’ombra che lo accompagna da tempo
Non è la prima volta che Tudor si ritrova in bilico. La sua avventura in bianconero è cominciata con l’etichetta, mai del tutto cancellata, del traghettatore. Già a maggio, dopo la chiusura del campionato a Venezia, il tecnico aveva espresso dubbi sul futuro: «Senza rinnovo, non vado al Mondiale per Club», aveva detto, preoccupato di non avere la fiducia piena né dello spogliatoio né della dirigenza.
Ora quella sensazione sembra tornata. La Juve non vince da quaranta giorni, la voce della società è fioca e l’allenatore, pur continuando a lavorare con orgoglio e professionalità, appare sempre più solo.
Spalletti, Mancini, Palladino e Terzic: i nomi sul taccuino
In corso nessuna decisione immediata, ma la macchina delle valutazioni è già in moto. Secondo La Gazzetta dello Sport, la Juventus avrebbe individuato quattro profili nel caso in cui la situazione precipitasse.
Il sogno resta Luciano Spalletti, libero e tentato da un ritorno in panchina dopo la parentesi con la Nazionale. È il nome che più entusiasma per carisma e idee di gioco, anche se economicamente impegnativo.
Subito dietro c’è Roberto Mancini, che si è defilato dalle trattative col Nottingham Forest e vedrebbe di buon occhio una chiamata da Torino. Più giovane e in ascesa la pista Raffaele Palladino, apprezzato per filosofia e costi contenuti, mentre il profilo internazionale di Edin Terzic, ex Borussia Dortmund, resta una suggestione legata ai contatti diretti di Comolli. L’ipotesi di un Thiago Motta bis, invece, viene al momento considerata poco praticabile.
Le prossime due partite, Real Madrid e Lazio, diranno tutto. Tudor sa che non basteranno buone intenzioni o parole misurate: servirà una scossa, qualcosa che restituisca identità e risultati a una squadra in apnea. Nel 2003, in quello stesso stadio, Tudor giocava per una finale. Domani, al Bernabéu, giocherà per se stesso, e forse per restare ancora un allenatore della Juventus.