Alla Continassa tira un’aria diversa. Dopo mesi di incertezze e rapporti incrinati tra panchina e dirigenza, la Juventus di Luciano Spalletti inaugura un nuovo modo di intendere il lavoro: più dialogo, più condivisione, più fiducia reciproca. Fin dal primo contatto con la società bianconera, il tecnico toscano ha voluto mettere un punto fermo: nessuna firma senza partecipazione diretta alle scelte di mercato.
Un messaggio chiaro, che l’amministratore delegato Damien Comolli ha accolto di buon grado, tracciando un percorso basato sulla collaborazione strategica tra campo e dirigenza. Non più decisioni calate dall’alto, ma un tavolo di confronto permanente dove la voce dell’allenatore conta tanto quanto quella dei dirigenti.
La rottura con il passato Tudor
Una rivoluzione culturale, prima ancora che tecnica. Perché l’era Igor Tudor era stata segnata da una frattura netta: il croato, spesso isolato dalle dinamiche interne, aveva assistito da spettatore a molte scelte di mercato. Le sue richieste, come il ritorno di Kolo Muani o l’arrivo di rinforzi in difesa e a centrocampo, erano rimaste lettera morta. Al contrario, la società aveva puntato su Edon Zhegrova, un nome su cui Tudor non aveva mai espresso convinto assenso.
Lo stesso discorso vale per le decisioni delicate sul fronte dei rinnovi, come quello di Daniele Rugani, dove il parere dell’allenatore non era stato nemmeno preso in considerazione. In sostanza, Tudor aveva guidato la Juventus da un perimetro esterno, privo del peso politico necessario per incidere davvero.
Il nuovo metodo e la prima richiesta
Con Spalletti, il copione cambia radicalmente. Il tecnico di Certaldo non accetta ruoli marginali: vuole essere parte del processo decisionale e incidere sulle linee guida del calciomercato. E la sua prima indicazione, ironia della sorte, è identica a quella del suo predecessore: serve un centrocampista di qualità.
L’ex ct azzurro ha individuato una mancanza strutturale nella rosa: manca un regista puro, un cervello tecnico capace di gestire i ritmi e di dare ordine alla manovra. Un “metronomo” alla Jorginho, per intenderci, indispensabile per dare equilibrio e fluidità al suo calcio fatto di controllo e geometrie.
Le idee sono già sul tavolo e la caccia al play è ufficialmente aperta. La differenza, rispetto al recente passato, è che questa volta l’allenatore siederà dalla parte giusta del tavolo, quella dove si decide davvero.

